Patagonia 2014 |
Racconto di viaggio di Katia e Maurice |
La Patagonia è uno di quei luoghi avvolti da un fascino particolare, forse perché così remoto, alla fine del mondo, forse perché c’è Capo Horn il Cerro Torre, forse semplicemente perché tutto ciò che è estremo ha fascino.
La Patagonia è l’estremità meridionale del continente Americano e comprende l’arcipelago della Terra del Fuoco. Divisa tra Cile e Argentina ha una densità di popolazione tra le più basse del pianeta.
Sulla linea di confine tra Cile e Argentina c’è il Campo di ghiaccio Patagonico Sud, la terza calotta glaciale del mondo dopo Antartide e Groenlandia.
In Patagonia sono stati istituiti diversi parchi, alcuni dei quali inseriti nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco. I più interessanti sono nel territorio cileno il Parco Nazionale Torres del Paine e in quello argentino il Parco Nazionale Los Glaciares.
Non potevo essere esente dal fascino di questa terra remota e per anni ho coltivato il sogno di poterci un giorno andare, il 2014 è stato l’anno della RSM “giusta” in Patagonia.
I preparativi sono iniziati mesi prima e la mia compagna Katia, incredibile organizzatrice di viaggi, questa volta ha avuto pane per i suoi denti.
La difficoltà principale è legata al fatto che alcuni parchi sono in Cile ed altri in Argentina, gli aeroporti sono El-Calafate in Argentina o Punta Arenas in Cile , ma se prendi la macchina in Cile non la puoi riconsegnare in Argentina a viceversa.
Alla fine abbiamo optato per base a El-Calafate, con escursioni e basi secondarie a El-Chaltén e Puerto Natales, rispettivamente per i parchi Los Glaciares e del Torre del Paine.
Così facendo abbiamo escluso la parte più a sud, ma non volevo rinunciare al Cerro Torre ma tra El-Chantel e Punta Arenas ci sono quasi 700 Km e a qualcosa bisogna pur rinunciare.
Prima tappa Buenos Aires, sia perché il volo è già di 10 ore e per Santiago sarebbe stato di 15 sia perché Katia voleva vedere Buenos Aires.
Buenos Aires merita almeno un paio di giorni anche per recuperare la fatica del volo e per entrare nel fuso.
Durante la breve sosta non potete mancare due appuntamenti, una visita al “La Caminito”, la celebre via-museo del quartiere de la Boca, anche se sfacciatamente turistico in qualche locale si può assaporare la sensazione dei primi immigrati, in particolare genovesi, che qui arrivarono tra il 1850 e 1959.
La seconda è regalarsi una cena in un buon ristorante, perché la carne argentina è veramente buona. Abbiamo provato The New Brigton, forse uno dei migliori, e El Establo Parilla perché sembra di entrare in una trattoria di 40 anni fa dove il tempo si è fermato. Se invece siete di base in zona Palermo allora provate
Parillia in via Gascòn o Calden del Soho in via Honduras.
La Patagonia è l’estremità meridionale del continente Americano e comprende l’arcipelago della Terra del Fuoco. Divisa tra Cile e Argentina ha una densità di popolazione tra le più basse del pianeta.
Sulla linea di confine tra Cile e Argentina c’è il Campo di ghiaccio Patagonico Sud, la terza calotta glaciale del mondo dopo Antartide e Groenlandia.
In Patagonia sono stati istituiti diversi parchi, alcuni dei quali inseriti nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco. I più interessanti sono nel territorio cileno il Parco Nazionale Torres del Paine e in quello argentino il Parco Nazionale Los Glaciares.
Non potevo essere esente dal fascino di questa terra remota e per anni ho coltivato il sogno di poterci un giorno andare, il 2014 è stato l’anno della RSM “giusta” in Patagonia.
I preparativi sono iniziati mesi prima e la mia compagna Katia, incredibile organizzatrice di viaggi, questa volta ha avuto pane per i suoi denti.
La difficoltà principale è legata al fatto che alcuni parchi sono in Cile ed altri in Argentina, gli aeroporti sono El-Calafate in Argentina o Punta Arenas in Cile , ma se prendi la macchina in Cile non la puoi riconsegnare in Argentina a viceversa.
Alla fine abbiamo optato per base a El-Calafate, con escursioni e basi secondarie a El-Chaltén e Puerto Natales, rispettivamente per i parchi Los Glaciares e del Torre del Paine.
Così facendo abbiamo escluso la parte più a sud, ma non volevo rinunciare al Cerro Torre ma tra El-Chantel e Punta Arenas ci sono quasi 700 Km e a qualcosa bisogna pur rinunciare.
Prima tappa Buenos Aires, sia perché il volo è già di 10 ore e per Santiago sarebbe stato di 15 sia perché Katia voleva vedere Buenos Aires.
Buenos Aires merita almeno un paio di giorni anche per recuperare la fatica del volo e per entrare nel fuso.
Durante la breve sosta non potete mancare due appuntamenti, una visita al “La Caminito”, la celebre via-museo del quartiere de la Boca, anche se sfacciatamente turistico in qualche locale si può assaporare la sensazione dei primi immigrati, in particolare genovesi, che qui arrivarono tra il 1850 e 1959.
La seconda è regalarsi una cena in un buon ristorante, perché la carne argentina è veramente buona. Abbiamo provato The New Brigton, forse uno dei migliori, e El Establo Parilla perché sembra di entrare in una trattoria di 40 anni fa dove il tempo si è fermato. Se invece siete di base in zona Palermo allora provate
Parillia in via Gascòn o Calden del Soho in via Honduras.
El-Calafate
E’ il primo impatto con la Patagonia, gli spazi si dilatano i colori del Lago Argentino vanno dallo smeraldo all’azzurro turchese, il vento della Patagonia inizia a soffiare.
E’ anche l’impatto con una prima realtà che avevamo sospettato durante la pianificazione del viaggio, la Patagonia non è a buon mercato, i prezzi possono essere molto alti, specialmente per tutto ciò che devono importare, la situazione della moneta si fa subito sentire, nel settembre 2014 l’Argentina era nel suo secondo default.
Il recupero della macchina a noleggio all'aeroporto si dimostra un po’ laborioso, un misunderstanding sulla prenotazione e la nostra auto non è più disponibile. Ci dicono che la possiamo trovare a El-Calafate città, all'aeroporto sono tutte finite. 30$ per 20 minuti di strada aeroporto El-Calafate, l’inizio non è stato dei migliori, ma non molliamo e alla fine una la troviamo.
Consiglio, prenotate con attenzione e se potete prendete un fuoristrada perché non tutte le strade sono asfaltate e nel Parco del Torre Paine le strade sono da fuoristrada.
Arriviamo in albergo, la vista sul Lago Argentino è notevole, El-Calafate è una cittadina di circa 6000 abitanti, tutto è legato al turismo, ristoranti, negozi, escursioni.
Curiosa la presenza di cani randagi che convivono pacificamente e ben accolti dalla popolazione locale, dai numerosi ristoranti un osso non manca mai.
Consigliato Casimiro Biguà sulla via principale, di fianco al Patagonia Shop
Dal El Calafate la prima escursione è il Perito Moreno.
E’ il primo impatto con la Patagonia, gli spazi si dilatano i colori del Lago Argentino vanno dallo smeraldo all’azzurro turchese, il vento della Patagonia inizia a soffiare.
E’ anche l’impatto con una prima realtà che avevamo sospettato durante la pianificazione del viaggio, la Patagonia non è a buon mercato, i prezzi possono essere molto alti, specialmente per tutto ciò che devono importare, la situazione della moneta si fa subito sentire, nel settembre 2014 l’Argentina era nel suo secondo default.
Il recupero della macchina a noleggio all'aeroporto si dimostra un po’ laborioso, un misunderstanding sulla prenotazione e la nostra auto non è più disponibile. Ci dicono che la possiamo trovare a El-Calafate città, all'aeroporto sono tutte finite. 30$ per 20 minuti di strada aeroporto El-Calafate, l’inizio non è stato dei migliori, ma non molliamo e alla fine una la troviamo.
Consiglio, prenotate con attenzione e se potete prendete un fuoristrada perché non tutte le strade sono asfaltate e nel Parco del Torre Paine le strade sono da fuoristrada.
Arriviamo in albergo, la vista sul Lago Argentino è notevole, El-Calafate è una cittadina di circa 6000 abitanti, tutto è legato al turismo, ristoranti, negozi, escursioni.
Curiosa la presenza di cani randagi che convivono pacificamente e ben accolti dalla popolazione locale, dai numerosi ristoranti un osso non manca mai.
Consigliato Casimiro Biguà sulla via principale, di fianco al Patagonia Shop
Dal El Calafate la prima escursione è il Perito Moreno.
Perito Moreno
Situato nel Parco nazionale Los Glacieres, a una ottantina di chilometri da El Calafate, il Perito Moreno è uno dei ghiacciai più visitati al mondo, la sua caratteristica è che scivola continuamente nel Lago Argentino, circa 2 metri al giorno. La sua altezza, arriva a oltre 60 metri e il continuo movimento provocano continui spettacolari crolli di blocchi della parete.
Gli argentini hanno saputo ben sfruttare questa bellezza naturale con un'ottima strada che conduce fino al ghiacciaio ed una passerella che vi consente di arrivare fino a pochi metri dalla parete di ghiaccio.
Lungo la strada, sperdute ma efficienti fattorie sono l’unica presenza umana.
Puerto-Natales
A 300 Km a sud di El Calafate si trova Puerto Natales, base logica per la visita al Parco Nazionale del Torre Paine. Andiamo in terra Cilena e il confine già ci fa capire che qui la Patagonia diventa più estrema, lo attraversiamo in un punto chiamato Torres del Paine dove prendiamo la rute 9 che scende a Puerto Natales.
Il vento comincia a spingere e ci rifugiamo in una cafeteria che fa da bar ristorante money exchange e shop per souvenir.
Un simpatico cileno alla cassa con un pittoresco capello si occupa del cambio, prende di tutto tranne i pesos argentini, lungo la coda le persone si scambiano consigli e dritte, c’è l’italiano che cerca di capire come vedere tutto in 4 giorni e la simpatica vecchietta inglese che è in giro da un mese dice i pinguini di Punta Tombo vanno visti assolutamente, peccato che siano a 1300 Km di distanza, l’italiano sorride.
Puerto Natales si affaccia sul fiordo di Eberhard, il primo europeo ad esplorare la regione, è anche capoluogo della Regione di Magellano, il solo nome è evocativo di viaggi e terre lontane.
Tra le letture dell’albergo non mancano numerosi testi che parlano di Darwin, del suo passaggio in queste terre a bordo della HMS Beagle, la sensazione è forte e strana al contempo. Volgo lo sguardo verso il mare, oltre le montagne c’è l’Oceano Pacifico, ma solo guardando da qui mi rendo conto dell’impresa di Magellano.
E’ sera e malgrado sia inizio estate il freddo si fa sentire, ci rifugiamo in un ristorante che sarà meta fissa nei successivi giorni, Asador Patagonico, l’asado al palo è mitico.
A 300 Km a sud di El Calafate si trova Puerto Natales, base logica per la visita al Parco Nazionale del Torre Paine. Andiamo in terra Cilena e il confine già ci fa capire che qui la Patagonia diventa più estrema, lo attraversiamo in un punto chiamato Torres del Paine dove prendiamo la rute 9 che scende a Puerto Natales.
Il vento comincia a spingere e ci rifugiamo in una cafeteria che fa da bar ristorante money exchange e shop per souvenir.
Un simpatico cileno alla cassa con un pittoresco capello si occupa del cambio, prende di tutto tranne i pesos argentini, lungo la coda le persone si scambiano consigli e dritte, c’è l’italiano che cerca di capire come vedere tutto in 4 giorni e la simpatica vecchietta inglese che è in giro da un mese dice i pinguini di Punta Tombo vanno visti assolutamente, peccato che siano a 1300 Km di distanza, l’italiano sorride.
Puerto Natales si affaccia sul fiordo di Eberhard, il primo europeo ad esplorare la regione, è anche capoluogo della Regione di Magellano, il solo nome è evocativo di viaggi e terre lontane.
Tra le letture dell’albergo non mancano numerosi testi che parlano di Darwin, del suo passaggio in queste terre a bordo della HMS Beagle, la sensazione è forte e strana al contempo. Volgo lo sguardo verso il mare, oltre le montagne c’è l’Oceano Pacifico, ma solo guardando da qui mi rendo conto dell’impresa di Magellano.
E’ sera e malgrado sia inizio estate il freddo si fa sentire, ci rifugiamo in un ristorante che sarà meta fissa nei successivi giorni, Asador Patagonico, l’asado al palo è mitico.
Torres del Paine
Il Parco Nazionale Torres del Paine è il più vasto e importante della Patagonia Cilena, la varietà di ambienti naturali è grande, dagli enormi e splendidi monoliti, i Cuernos del Paine che si specchiano nel lago Sarmiento de Gamboa al Grey Glacier, il tutto tra verdi valli e fiumi dai colori turchesi.
Partiamo alle prime luci, sono quasi 300 km di strada sterrata e non abbiamo un fuoristrada.
Le indicazioni stradali sono minimali ma siamo provvisti di carte e ogni tanto passa un pulmino dei “viaggi organizzati” a folle velocità che ci conferma che siamo nella giusta direzione.
Arriviamo al punto panoramico dei Cuernos del Paine, siamo soli e riesco a fare qualche scatto col tutta calma, lo spettacolo è impressionante.
Arrivano un paio di pullman di “viaggi organizzati”, siamo circondati, non capirò mai perché uno spende soldi e tempo per arrivare in posti come la Patagonia per poi fare fotografie con uno smartphone.
Risaliamo in macchina, manteniamo il vantaggio temporale, dopo pochi chilometri un folto gruppo di guanaco pascola tranquillamente, non sembrano per nulla impauriti dalla nostra presenza anzi un paio di loro iniziano un piccolo duello per attirare la nostra attenzione.
Siamo nuovamente circondati, ripartiamo, dobbiamo girare intorno al lago Sarmiento per arrivare fino al Grey Glacier, la strada non è particolarmente impegnativa ma gli anni della nostra Chevrolet si fanno sentire, sembra comunque un modello molto in voga da queste parti.
Il Parco Nazionale Torres del Paine è il più vasto e importante della Patagonia Cilena, la varietà di ambienti naturali è grande, dagli enormi e splendidi monoliti, i Cuernos del Paine che si specchiano nel lago Sarmiento de Gamboa al Grey Glacier, il tutto tra verdi valli e fiumi dai colori turchesi.
Partiamo alle prime luci, sono quasi 300 km di strada sterrata e non abbiamo un fuoristrada.
Le indicazioni stradali sono minimali ma siamo provvisti di carte e ogni tanto passa un pulmino dei “viaggi organizzati” a folle velocità che ci conferma che siamo nella giusta direzione.
Arriviamo al punto panoramico dei Cuernos del Paine, siamo soli e riesco a fare qualche scatto col tutta calma, lo spettacolo è impressionante.
Arrivano un paio di pullman di “viaggi organizzati”, siamo circondati, non capirò mai perché uno spende soldi e tempo per arrivare in posti come la Patagonia per poi fare fotografie con uno smartphone.
Risaliamo in macchina, manteniamo il vantaggio temporale, dopo pochi chilometri un folto gruppo di guanaco pascola tranquillamente, non sembrano per nulla impauriti dalla nostra presenza anzi un paio di loro iniziano un piccolo duello per attirare la nostra attenzione.
Siamo nuovamente circondati, ripartiamo, dobbiamo girare intorno al lago Sarmiento per arrivare fino al Grey Glacier, la strada non è particolarmente impegnativa ma gli anni della nostra Chevrolet si fanno sentire, sembra comunque un modello molto in voga da queste parti.
Dopo una breve sosta per un caldo caffè costeggiamo il Lago Pehoe il colore dell’acqua passa dal turchese allo smeraldo più intenso, il lago si fa sempre più stretto, lo attraversiamo, dall’altra parte diventa Lago del Toro. Il cielo inizia a scurirsi, il tempo in Patagonia cambia velocemente, come veloci sono le nuvole che arrivano da ponente, una leggera pioggia ci fa ricordare che abbiamo 150 km per tornare alla base e lo sterrato con pioggia diventa fango, consultiamo le carte.
Scopriamo che in realtà esiste una strada più breve per tornare a Puerto Natales e decidiamo di rimandare la visita al Grey Glacier al giorno dopo. Ci incamminiamo per il ritorno, allegri di non dover rifare la stessa strada per tornare alla base.
Arrivati alla deviazione l’allegria svanisce alla vista di un “men at work” con relativa strada chiusa.
Ci fermiamo davanti alla sbarra rattristati, vediamo una jeep con due addetti ai lavori e relative tute giallo e arancione, ci guardiamo dai rispettivi finestrini, faccio finita di consultare le carte, sperando di passare per turista sprovveduto questa volta, niente.
Alla fine si avvicinano e ci chiedono dove dobbiamo andare, con la faccia più turistica che mi viene dico Puerto Natales e gli chiedo subito se quella chiusa di fronte a noi è quella giusta, segnando con il dito tutto il percorso che vogliamo fare. Ci apre la sbarra e ci raccomanda di fermarci quando incontriamo i lavori in corso e seguire gli ordini che ci daranno, obbediamo.
Ci godiamo i lato sud del Lago del Toro in una deserta strada asfaltata.
Lungo il ritorno passiamo per la Cueva del Milodon ed un pensiero va a Chatwin che così bene ha saputo raccontare di queste terre.
Scopriamo che in realtà esiste una strada più breve per tornare a Puerto Natales e decidiamo di rimandare la visita al Grey Glacier al giorno dopo. Ci incamminiamo per il ritorno, allegri di non dover rifare la stessa strada per tornare alla base.
Arrivati alla deviazione l’allegria svanisce alla vista di un “men at work” con relativa strada chiusa.
Ci fermiamo davanti alla sbarra rattristati, vediamo una jeep con due addetti ai lavori e relative tute giallo e arancione, ci guardiamo dai rispettivi finestrini, faccio finita di consultare le carte, sperando di passare per turista sprovveduto questa volta, niente.
Alla fine si avvicinano e ci chiedono dove dobbiamo andare, con la faccia più turistica che mi viene dico Puerto Natales e gli chiedo subito se quella chiusa di fronte a noi è quella giusta, segnando con il dito tutto il percorso che vogliamo fare. Ci apre la sbarra e ci raccomanda di fermarci quando incontriamo i lavori in corso e seguire gli ordini che ci daranno, obbediamo.
Ci godiamo i lato sud del Lago del Toro in una deserta strada asfaltata.
Lungo il ritorno passiamo per la Cueva del Milodon ed un pensiero va a Chatwin che così bene ha saputo raccontare di queste terre.
Stamattina è brutto ma non voglio rinunciare comunque a vedere il Grey Glacier e poi conosciamo la scorciatoia collaudata ieri. In meno di due ore siamo alla fine della Y-150, parcheggiamo e ci prepariamo al breve trekking fino al punto panoramico per scattare, un isolotto all’inizio del Grey Lake.
Per dare un po’ di brivido all’inizio del sentiero troviamo un ponte sospeso tipo sherpa che con il vento Patagonico diventa ancora più divertente, un ben cartello campeggia “maxino 6 personas”, non siamo riusciti a passarlo in meno di 15.
Breve passaggio nel bosco per arrivare alla lingua di terra che ci separa dall’isolotto “punto panoramico”.
Se pensavamo di aver assaggiato il vento Patagonico qui abbiamo avuto una lezione di ripasso, a orecchio erano 50 nodi, i locali dicono che è normale per il Grey Lake.
Abbracciati e inclinati ci incamminiamo, all’incrocio con chi torna una breve occhiata ma le facce sono nascoste da sciarpe annodate. Per chi non fosse abbastanza soddisfatto, esiste un servizio con catamarano che porta fino alla base del ghiacciaio, il costo è proporzionale al vento.
Rientriamo sotto una pioggia insistente, il fango degli ultimi 20 km danno un tocco tipo “rally” alla nostra vecchia Chevrolet. Domani si parte per El Chaltén.
Per dare un po’ di brivido all’inizio del sentiero troviamo un ponte sospeso tipo sherpa che con il vento Patagonico diventa ancora più divertente, un ben cartello campeggia “maxino 6 personas”, non siamo riusciti a passarlo in meno di 15.
Breve passaggio nel bosco per arrivare alla lingua di terra che ci separa dall’isolotto “punto panoramico”.
Se pensavamo di aver assaggiato il vento Patagonico qui abbiamo avuto una lezione di ripasso, a orecchio erano 50 nodi, i locali dicono che è normale per il Grey Lake.
Abbracciati e inclinati ci incamminiamo, all’incrocio con chi torna una breve occhiata ma le facce sono nascoste da sciarpe annodate. Per chi non fosse abbastanza soddisfatto, esiste un servizio con catamarano che porta fino alla base del ghiacciaio, il costo è proporzionale al vento.
Rientriamo sotto una pioggia insistente, il fango degli ultimi 20 km danno un tocco tipo “rally” alla nostra vecchia Chevrolet. Domani si parte per El Chaltén.
El Chaltén
Lungo la strada, poco dopo El Calafate, facciamo una breve sosta in uno di quei locali pubblici che sono tipici di tutte le zone poco popolate, sono sia bar sia piccolo negozio di prodotti di prima necessità e souvenir, spesso hanno anche qualche camera per passare la notte.
Non manca anche un piccolo museo e visto che siamo sulla strada per il Cerro Torre alle pareti copie delle riviste italiane che all’epoca riportavano le imprese di Cesare Maestri e dei Ragni di Lecco.
In un angolo della parete la riproduzione di vecchi “wanted” dell’epoca, uno sembra autentico e potrebbe anche esserlo, visto che riguarda Robert LeRoy Parker, meglio conosciuto come Butch Cassidy che, come riportato da Chatwin nel libro “In Patagonia”, sembra sia vissuto da queste parti.
Costeggiamo il Lago Viedma e attendo con ansia che si presenti alla nostra vista, eccolo il Cerro Torre, leggermente in disparte rispetto al più imponente Fitz Roy ma proprio per questo più magnetica, come solo una lama di pietra di 3000 metri può esserlo.
El Chaltén è indissolubilmente legata a questa montagna, la sua stessa fortuna turistica nasce con il primo film nel 1991 “Grido di Pietra” una idea di Reinhold Messner, e prosegue con il film-documentario del 2012 “Cerro Torre : A Snowball’s Change in Hell” che racconta l’incredibile impresa dell’ex bambino prodigio David Lama, la salita in libera sulla Via del compressore.
Arriviamo che ormai è sera, il tempo promette bene, ci siamo presi comunque due giorni per poterlo fotografare, vederlo senza nuvole è comunque una fortuna.
El Chalten è un piccola cittadina legata al turismo del trekking e delle scalate del Cerro Torre e del Cerro Chalten, potete trovare campeggi e qualche albergo e ristorante, basilari negozi.
Le comunicazioni sono problematiche e soprattutto fornitevi di contanti perché le carte di credito sono utilizzabili solo in qualche albergo e l’unico fornitore di carburante accetta solo contanti.
Un locale carino è “A Vineria” lungo la via Lago del Desierto ed è anche uno dei pochi ad accettare carte di credito.
La mattina sveglia di buon ora, il nostro riferimento meteorologico (accuweather.com) prevede sole.
Siamo i primi lungo il sentiero, la partenza è un po’ faticosa ma la bella giornata ci dà una spinta.
Tutti i sentieri sono ben indicati e mantenuti in ottimo stato, sono indicate le distanze percorse e da percorrere per arrivare alla destinazione.
Una indicazione ci segnala che siamo al secondo chilometro di nove da percorrere, un piccolo tuffo al cuore, diciotto chilometri sono un po’ tantini. Spero in un punto panoramico prima della meta e infatti al terzo chilometro arriva. La destinazione finale è il punto panoramico Cesare Maestri, praticamente alla base del Cerro Torre, ma sono attrezzato fotograficamente per le lunghe distanze.
Anche il vento Patagonico oggi è una brezza, monto il tutto e scatto con tutta calma.
Arrivano le prime “escursioni organizzate” breve sosta per uno scatto con smartphone e via.
Ci godiamo la vista e ci incamminiamo per il ritorno, in pratica alle 12.00 siamo di nuovo alla base e abbiamo il pomeriggio per una seconda escursione.
L’indomani pioverà tutto il giorno ma non importa, il Cerro Torre si è fatto vedere.